Il motivo per cui le immagini dell’Europa Antica sono così numerose e varie risiede nel fatto che questo simbolismo è lunare e ctonio, costruito intorno alla cognizione che la vita sulla Terra è in perpetua trasformazione, in una costante e ritmica alternanza fra creazione e distruzione, nascita e morte. Le tre fasi della luna – nuova, crescente e matura – sono ripetute nelle trinità o nelle Deità tri-funzionali che le richiamano: fanciulla, ninfa e megera; datrice-di-vita, datrice-di-morte e trasformativa; che sorge, muore e si rinnova. Le datrici-di-vita sono anche reggitrici-di-morte. L’immortalità è assicurata grazie alle forze rigenerative intrinseche alla Natura stessa. Forse il concetto di rigenerazione e rinnovamento è il tema più saliente e drammatico che percepiamo in questo simbolismo. Sembra più appropriato considerare tutte queste immagini della Dea come aspetti di un’unica Grande Dea con le sue precipue funzioni: dare la vita, governare la mane, rigenerare e rinnovare. L’analogia scontata sarebbe con la Natura stessa: mediante la molteplicità dei fenomeni e gli ininterrotti cicli da cui è composta si riconosce la fondamentale e sottostante unità della Natura.

La Dea è immanente piuttosto che trascendente e perciò si manifesta in forme fisiche. Vale qui la pena di osservare come la fertilità sia solamente una fra le numerose funzioni della Dea. È inesatto chiamare le immagini paleolitiche e neolitiche “Dee della fertilità” come ancora viene fatto in letteratura archeologica. La fertilità della Terra diventò una preoccupazione rilevante soltanto nell’ epoca di produzione del cibo; non si tratta dunque di una funzione primaria della Dea e non ha niente a che vedere con la sessualità. Le Dee erano fondamentalmente creatrici di vita, non Veneri o bellezze, e tanto meno, questo è certo, mogli di Divinità maschili. L’altro termine generale che viene prevalentemente usato per la Divinità preistorica è “Dea Madre”, anche questo un concetto distorto. È vero, ci sono rappresentazioni di madri e protettrici delle giovani vite, e ci fu una Madre Terra e Madre dei Morti, ma le rimanenti immagini femminili non possono essere generalizzate sotto il termine di Dea Madre. Le Dee Uccello e Serpente, per esempio, non sempre sono madri e ciò vale per numerose altre immagini di rigenerazione, come la Dea Rana, Pesce o Porcospino, personificazioni dei poteri trasformativi. Incarnano la Vita, la Morte e la Rigenerazione e sono ben più che fertilità e maternità.

Per il periodo preistorico preferisco perciò il termine “Grande Dea”, in quanto descrive meglio il suo dominio assoluto, i suoi poteri creativi, distruttivi e rigenerativi […] In nessun periodo del Paleolitico c’è traccia di una figura di padre. Il potere creatore-di-vita sembra essere stato solamente della Grande Dea.

Una piena divisione della Madre in “buona” e “terribile” non fu mai necessaria: la Datrice della Vita e la Reggitrice della Morte sono un’unica Deità. La Dea si manifesta in forme molteplici: può essere antropomorfica o zoomorfìca, può apparire in un triplice aspetto, può essere un uccello acquatico o un rapace, un serpente innocuo o uno velenoso; ma in definitiva è un’unica indivisibile Dea. Se per “buono” s’intende vita, nascita, salute e incremento della ricchezza, allora può essere chiamata Fato buono. La definizione “Madre Terribile” richiede una spiegazione. È invero terrificante l’avvoltoio, ossia l’aspetto omicida della Dea: se però osserviamo i simboli associati all’aspetto di morte diviene chiaro che non esistono separatamente, ma sono intrecciati con quelli che promuovono la rigenerazione. La Dea Avvoltoio/Civetta/Cornacchia è sia annunciatrice di morte, sia una Dea con seni e labirinti sul ventre, o è un triangolo (vulva) o ha forma di clessidra (doppio triangolo) con zampe d’ avvoltoio, è un’ape o una farfalla. Nel suo aspetto di morte è il Fato stesso che dispensa la vita, ne determina la durata e la riprende quand’è giunto il tempo. Fa ciò perché controlla la durata del ciclo vitale. La Reggitrice di Morte non punisce gli umani perché hanno compiuto il male o per qualche motivo analogo: esegue soltanto il suo indispensabile dovere. La rigenerazione ha inizio al momento della morte. Comincia nel corpo della Dea, nel suo utero umido espresso in forma animale: pesce, rana, tartaruga, porcospino, lepre o testa di toro. Non c’era distinzione fra la Signora delle Piante e la Signora delle Fiere; nessuna Deità governava le piante e gli animali separatamente.

Il potere della Creatrice della Vita e Rigeneratrice era negli animali, nelle piante, nell’acqua, nei monti e nelle pietre. La Dea può essere un uccello o un cervo, un orso o un vaso, una pietra eretta o un albero. L’antropomorfica Datrice di Nascita era intercambiabile con l’orso, il cervo, l’alce. La protettrice della giovane vita – Nutrice o Madonna – appariva sia come umana, sia come uccello, serpente, orsa. Nel simbolismo del serpente l’armonia con la natura si rileva con particolare chiarezza. La sua energia vitale si ramifica nelle creature viventi circostanti: i membri della famiglia nella casa custodita dal serpente, gli animali domestici e gli alberi. Di singolare interesse è la credenza nell’immortalità del serpente in virtù sia del suo rinnovamento mediante la muta della pelle, sia del suo destarsi in primavera dopo il periodo d’ibernazione. Il serpente – in quanto è immortale – costituisce un legame fra i morti e i vivi; i serpenti incarnano l’energia di antenati e antenate. Così pure gli uccelli: forse per il collo serpentiforme del cigno, della gru, della cicogna e dell’oca, e il loro periodico rinnovamento ogni primavera dopo aver trascorso i mesi invernali al sud, il simbolismo dell’uccello è intrecciato con quello del serpente. Ambedue incarnano l’energia vitale e sono la sede delle anime dei morti. Le Dee Serpente e Uccello sono custodi (genii, penates) della famiglia, del clan e, in tempi storici successivi, della città (come di Atene era Atena, i cui simboli sono l’uccello e il serpente). Sovrintendevano la continuità  dell’energia vitale, il benessere e la salute della famiglia e l’incremento delle provviste alimentari.

Le ulteriori funzioni della Grande Dea attengono alla fertilità, alla moltiplicazione e al rinnovamento. Si pensava che il processo di risveglio scagionale, crescita, ingrassamento e morte accomunasse umani, animali e piante: la gravidanza di una donna, l’ingrassamento di una scrofa, la maturazione di frutti e raccolti erano collegati e s’influenzavano a vicenda. Possiamo ancora osservare che i poteri di nascita e crescita della terra dimorano in tutte le cose viventi. La gravidanza o la pinguedine di una donna o di una bestia era considerata sacra come la gravidanza della terra prima della sua fioritura in primavera. Ogni rigonfiamento in natura (cumulo, collina) su un menhir o su un corpo femminile (ventre, natiche, seni, ginocchia) era sacro. Il numero due e la duplicità (due semi, due frutti, due natiche) significavano una moltiplicazione benedetta. Essendo più di uno, il due possedeva più forza e maggior influenza sulla fertilità. Quest’ultima non s’identificava con la sessualità, ma indicava moltiplicazione, crescita, fioritura.

La conseguenza dell’urto dell’Europa Antica con le aliene forme religiose indoeuropee è visibile nella detronizzazione delle Dee antico-europee, nella scomparsa dei loro templi, parafernali di culto e segni sacri e nella drastica riduzione delle loro immagini religiose nelle arti visuali. Questo impoverimento ebbe inizio nell’Europa del centro-est e gradualmente colpì tutta l’Europa centrale. Le isole egee, Creta e le aree mediterranee centrali e occidentali conservarono le tradizioni dell’Europa Antica ancora per diversi millenni, ma il cuore della civiltà era perduto. Questa trasformazione non fu tuttavia il rimpiazzo di una cultura da parte di un’altra, bensì una graduale ibridazione di due sistemi simbolici differenti. Poiché il modello di pensiero androcentrico indoeuropeo era quello della nuova classe dominante ci è stato tramandato come il sistema di credenze “ufficiale” dell’Europa arcaica. Ma le immagini sacre e i simboli dell’Europa Antica non furono mai del tutto sradicati. Queste caratteristiche assai persistenti nella storia umana erano troppo profondamente impiantate nella psiche: avrebbero potuto scomparire soltanto con il totale sterminio della popolazione femminile. La religione della Dea divenne segreta. In certe regioni alcune delle antiche tradizioni, particolarmente quelle connesse con la nascita, la morte e i rituali di fertilità della terra, sono proseguite fino a oggi senza grandi cambiamenti, in altre furono assimilate al sistema di credenze indoeuropeo.

Nell’antica Grecia ciò dette origine ad alcune immagini bizzarre, o addirittura assurde, nel pantheon indoeuropeo delle Divinità. La più stupefacente che si può rilevare è la conversione di Atena, la Dea Uccello dell’Europa Antica, in una figura militarizzata che impugna uno scudo e indossa un elmo. La credenza nella sua nascita dalla testa di Zeus, il Dio dominante degli indoeuropei in Grecia, dimostra fino a che punto giunse la trasformazione: da una Dea partenogenetica alla sua nascita da una Divinità maschile! Eppure questo fatto non sorprende del tutto: Zeus era un toro (nel simbolismo indoeuropeo il Dio Tuono era un toro) e la nascita di Atena dalla cesta di un toro non era nient’altro che il ricordo della nascita da un bucranio, simulacro dell’utero nel simbolismo dell’Europa Antica. La Reggitrice di Morte, la Dea come Rapace, fu militarizzata. Le rappresentazioni della Dea Civetta sulle steli in pietra furono munite di spada o pugnale durante l’Età del Bronzo in Sardegna, Corsica, Liguria, Francia del sud e Spagna. La greca Atena e le irlandesi Morrigan e Badb appaiono in scene di battaglia, com’è noto, in forma di avvoltoi, cornacchie, gru o corvi. E la trasformazione di questa Dea in cavalla avvenne nel corso dell’Età del Bronzo. Le Dee partenogenetiche, che si generavano da sé senza l’aiuto dell’inseminazione maschile, si mutarono gradualmente in fanciulle, spose e figlie e vennero eroticizzate, legandole al principio dell’amore sessuale come risposta a un sistema patriarcale e patrilineare. La greca Era divenne per esempio la moglie di Zeus. Inoltre Zeus dovette “sedurre” (ma per riguardo alla precisione storica dovremmo preferire il verbo “stuprare”) centinaia di altre Dee e di ninfe per installarsi. Ovunque in Europa la Madre Terra perse la propria capacità di far nascere la vita vegetale senza aver rapporti sessuali con il Dio Tuono o un Dio del Cielo Lucente nel suo aspetto primaverile. Di contro rimase notevole nelle credenze di numerose zone europee l’indipendenza di Colei che dà la Nascita e la Vita (il Fato o i Tre Fati). È il caso della greca Artemide, dell’irlandese Brigit e della baltica Laima, le quali non acquisirono alcuna delle caratteristiche delle Divinità indoeuropee, né furono sposate a un Dio. La baltica Laima compare nei canti mitologici insieme a Dievas, Dio indoeuropeo della luce del cielo, per benedire i campi e la vita umana, ma non come sua sposa, bensì come Dea parimenti potente. Un residuo del potere dominante delle Dee è rivelato in epoca storica dall’uso del termine “regina” per quelle fra loro che non furono maritate a Deità indoeuropee, ma continuarono a essere potenti per loro proprio diritto. Erodoto parlò nei suoi scritti della “Regina Artemide” ed Eschilo chiamò Afrodite “la Regina”. Diana, l’equivalente romana della vergine Artemide, era invocata come regina. L’adorazione della Dea a Roma e in Grecia rimase forte fino ai primi secoli della nostra era. È questa l’epoca in cui nell’intero mondo romano si diffusero la Cristianità e i culti egizi. In tutta la letteratura antica la più ispirata testimonianza letteraria è contenuta nell’Asino d’oro di Lucio Apuleio (II d.C.), il primo romanzo latino, laddove dal profondo della propria miseria Lucio invoca Iside. Lei allora appare e così proferisce: Io sono colei che è la madre naturale di tutte le cose, la signora e dominatrice di tutti gli elementi, l’iniziale progenie del mondo, la principale di tutte le potenze divine, la regina di tutto ciò che esiste negli Inferi, la più importante di coloro che dimorano in Cielo, colei che si manifesta da sola e socco un’unica forma nella quale si condensano tutti gli Dei e tutte le Dee. Si dispongono al mio volere i pianeti del cielo, i salubri venti marini e i miserevoli silenzi degli Inferi; tutto il mondo adora il mio nome, la mia divinità, ma in modi diversi, secondo variabili usanze e sotto numerosi nomi”. Il testo è illuminante perché offre molti dettagli sul culto della Dea di circa due millenni fa. L’invocazione di Lucio testimonia che le Dee significavano più degli Dei per le genti dei primi secoli della nostra era. Nel mondo greco-romano gli individui erano evidentemente insoddisfatti di quanto offriva loro la religione indoeuropea ufficiale. Venivano praticaci culti segreti: le religioni misteriche (dionisiache, eleusine, chiara prosecuzione dell’Europa Antica), che proponevano un modo di percepire le esperienze religiose alla vecchia maniera. Nelle successive epoche cristiane la Datrice di Nascita e la Madre Terra si fusero con la Vergine Maria. Non sorprende perciò che nei paesi cattolici la venerazione per la Vergine superi quella per Gesù. La Madonna risulta ancora connessa all’acqua-di-vita e alle miracolose sorgenti che sanano, agli alberi, alle fiorite e ai fiori, ai frutti e ai raccolti. La Vergine è pura, forte e giusta. Nelle sculture popolari la Madre di Dio è enorme e potente e tiene in grembo un Cristo piccino. Le Dee antico-europee appaiono nei racconti popolari, nelle credenze e nei canti mitologici d’Europa. La Dea Uccello e l’antropomorfica Dea Datrice-di-vita continuano a vivere come Fato o Fata e anche come anatra, cigno e ariete portatori di fortuna e ricchezza. Come profetessa è un cuculo. Come Madre Primeva è nota quale cerva sovrannaturale (mitologia irlandese) od orsa (mitologie greca, baltica e slava). La venerazione del serpente non velenoso come simbolo di energia vitale, rinnovamento ciclico e immortalità permase fino al Novecento. Il serpente che s’iberna e ridesta come metafora della natura che muore e si risveglia, nonché come simbolo essenziale dell’immortalità dell’energia vitale, non è stato dimenticato né nell’Irlanda né nella Lituania del XX secolo. La corona di un grande serpente (Regina) continua a essere il simbolo della saggezza. La presenza della Bianca Signora, “Morte”, che è anche uccello rapace e serpente velenoso, è stata sentita in molti angoli d’Europa fino a questo nostro secolo. Provengono direttamente dal Neolitico immagini che fanno rabbrividire: una donna alta e sottile, vestita di bianco, che stride come una civetta, geme come un rapace e striscia come un serpente velenoso. La Bianca Signora non venne trasformata in un Dio nero di Morte indoeuropeo. L’uso dell’osso e dei colori bianco e giallo come simboli di morte restò nelle credenze europee a fianco dell’uso del nero, colore della morte nelle religioni indoeuropea e cristiana. Malgrado l’orribile guerra contro le donne e contro le loro tradizioni e la demonizzazione della Dea, le di lei memorie vivono ancora nelle fiabe, nei rituali, nelle usanze e nel linguaggio.

Senza alcun dubbio le sacre immagini e i simboli dell’Europa Antica continuano a essere una parte vitale del retaggio culturale europeo. La maggior parte di noi è stata circondata durante l’infanzia dal mondo fatato, che conteneva molte immagini trasmesse dall’Europa Antica. In certi angoli d’Europa, fluiscono ancora sacri e miracolosi fiumi e sorgenti, là fioriscono foreste e boschetti santi, serbatoi di vita in sboccio, là crescono alberi nodosi colmi di vitalità e con il potere di guarire; lungo le acque si ergono ancora i menhir, chiamati “Dee”, pieni di misterioso potere. La cultura dell’Europa Antica fu la matrice delle credenze e pratiche successive. Le memorie di un passato ginocentrico di lunga data non potevano essere cancellate e non è sorprendente che il principio femminino giochi un ruolo formidabile nel mondo subconscio del sogno e della fantasia. Rimane – nella terminologia junghiana – “il deposito dell’esperienza umana” e una struttura profonda.

Fonte: Marija Gimbutas, “Il linguaggio della Dea”

Amuleti “Dea Occhio-Civetta”

Osso pirografato

Amuleto “Venere di Willendorf”

Fonte della Vita

Creazione e Generazione

Amuleto “Venere di Willendorf”

Fonte della Vita

Creazione e Generazione

Acqua di Vita

Amuleto “Matrice”

Principio Creativo

Matrice Universale

Rigenerazione

Talismano “Grande Dea”

Materiali: idolo in ceramica, turchese, quarzo latteo, lapislazzuli, conchiglie cipree, gancetti in metallo.

Parole chiave: protezione, vita/morte/rinascita, ciclicità.

Talismano “Inanna”

Materiali: pendenti metallici, lapislazzuli, turchese, quarzo latteo, corniola.

Parole chiave: unione degli opposti, Venere (Stella del Mattino e della Sera), sessualità, viaggio di conoscenza interiore.

Talismano “Labirinto”

Materiali: pendente in ceramica, corallo, agata corniola, pietra lavica, pendenti e ganci in metallo

Parole chiave: viaggio interiore, discesa verso il proprio centro e ritorno, evoluzione e conoscenza, Dea Ariadne di Creta

Rosari “Dea della Vita-Signora della Creazione e del Nutrimento”

Materiali: idolo in ceramica, semi amazzonici, conchiglie cipree

Parole chiave: protezione, vita, radicamento, ciclicità

Talismano “Dea Serpente”

Materiali: pendenti e ganci metallici, occhio di tigre, semi amazzonici, vertebra di anaconda, fili di nylon

parole chiave: trasmutazione, morte e rinascita, cambiamento, evoluzione, spirale, ciclicità

Talismano “Grande Dea”

Materiali: pendenti metallici, corallo, occhio di tigre, agata corniola, conchiglie cipree

Parole chiave: protezione, ciclicità, energia spiraliforme, eternità

Talismano “Dea di Willendorf”

Materiali: pendenti metallici, corallo, conchiglie cipree e di vario altro tipo, occhio di tigre, turchese, agata verde, quarzo latteo, perline di osso

Parole chiave: creazione, generazione, vita, fecondità

Talismano “Dea Hathor, Vacca Celeste”

Grande Madre egizia pre-dinastica, Via Lattea. Volta celeste, Oceano stellare, Dea dell’Amore, Sacra Vulva e Sacro Utero, Grande Madre uranica, Patrona della danza e della musica.